di Silvano Nuvolone
Un bussare gentile di nocche
alla porta
mi scuote.
Fingo di non udire,
perduto ad ascoltare
il fragore
della mia inutilità.
Ora è il palmo aperto
battuto sull’uscio
e infine il pugno
a percuotere
il legno del cuore.
Non sento, non voglio sentire,
nascondo il rumore
fra l’onde
d’un illuso esistere,
volto il capo a quel bussare
e attendo
che ogni cosa
torni vana.
In questo giorno,
mentre il tempo s’invola
e la ninfa muta in farfalla,
esco sulla strada delle assenze
calpesto fiori di silenzio
e traccio il solco
alla mia solitudine.